WOW!FASANO
Diodato e le sue note d'autore nel Parco Archeologico di Egnazia VIDEO
La gioia del cantante nel tornare a suonare nella 'sua' Puglia circondato dal numeroso pubblico che ha intonato le sue parole, sotto lo sguardo orgoglioso della madre
Fasano - Quando all'uscita di un concerto ti ritrovi circondato da sguardi felici, sorrisi e commenti positivi sull'esibizione, magari con qualcuno che canticchia le canzoni appena suonate o che ricorda i momenti vissuti poco prima, allora puoi affermare senza ombra di dubbio di aver assistito ad un concerto degno di essere ricordato. L'esibizione di Diodato ieri sera al Parco Archeologico di Egnazia è uno di quegli eventi da portare nella memoria e nel cuore, pieno, intenso e a tratti entusiasmante.
Antonio Diodato, nome d'arte Diodato, è nato ad Aosta anche se ha chiare origini tarantine e si dichiara senza mezzi termini come un pugliese purosangue. La sua gioia di suonare “a casa” è stata evidente sin dai primi pezzi, vincendo l'emozione grazie alla sua classe e alla preparazione musicale, doti che lo porteranno lontano. La sua storia musicale somiglia a quella di tanti altri; dopo la solita trafila che precede il primo contratto discografico, comune a molti artisti, nel 2013, partecipa alla trasmissione di RaiTre Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio, dove chiude la puntata domenicale interpretando i gioielli della musica italiana, suonandoli ogni volta da una città diversa. Diodato riesce a ritagliarsi un personalissimo spazio all'interno degli artisti emergenti: si guadagna il secondo posto nella sezione “Nuove Proposte” nell'edizione 2014 del Festival di Sanremo e lo vince nel 2020, diventando uno tra gli artisti più amati della nuova generazione. Antonio è un artista completo ed è una gioia vederlo sul palco, in perfetta simbiosi con i suoi spettatori. Canta con una voce magnifica, suona benissimo chitarra e pianoforte, sorretto da una band solida e di assoluto valore, musicisti capaci di interpretare con sicurezza i diversi stili del suo repertorio. È cresciuto molto Diodato, qualcuno lo ricorda durante alcune sue performance qui in zona, quando era sicuramente più timido e meno aperto col proprio pubblico. Adesso si sta velocemente trasformando, sembra un navigato performer, si muove con sicurezza sul palco, salta, interagisce e incita gli spettatori, canta con tutta la forza che ha dentro e non si risparmia, offrendo più di due ore di canzoni, tutte suonate a livelli notevoli. Nelle sue canzoni è bello scoprire i vari stili musicali, quelle che sono state le sue esperienze, che passano attraverso il rock, senza disdegnare il pop - ma di classe - e certe mature divagazioni tra quelli che sono i classici della musica d'autore italiana.
Apre il concerto Di questa felicità, dal suo terzo album del 2017 “Cosa siamo diventati”, immediatamente seguita da Un'altra estate, canzone del 2020 composta in piena pandemia a Milano e registrata a distanza con i suoi musicisti, sfruttando le possibilità della tecnologia digitale, con a corredo un testo che sembra appropriato ai momenti post-lockdown che stiamo vivendo, pezzo che paga dazio a gruppi come Le Vibrazioni o i Negramaro.
Ubriaco, il cui video era stato selezionato da MTV New Generation, con quell'incedere che ricorda Azzurro di Celentano, viene introdotta da un violino struggente, mentre la successiva Mi fai morire, che apriva la sua opera prima, l'album “E forse sono pazzo” del 2013 che l'artista aveva interamente incisa a Roma, dà spazio sul finale al pubblico che replica il canto e batte le mani a tempo replicando l'artista sul palco. Da quest'album è tratta anche la lenta E non so neanche tu chi sei, col suono caldo dei fiati in evidenza, e Mi si scioglie la bocca da “Cosa siamo diventati”.
Solo, brano riflessivo dal disco “Che vita meravigliosa”, racconta del peso della solitudine che ti coglie anche quando sei circondato dagli altri. Segue la bellissima La luce di questa stanza del 2017. Arriva il momento della prima cover della serata, Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De André, datata 1966, già incisa da Diodato nel 2013 per la colonna sonora del film Anni Felici di Daniele Lucchetti, sorretta dal bellissimo violino di Rodrigo d'Erasmo. Le fa eco Ma che vuoi, ancora dall'album del 2013; dal suono potente, mette in luce le qualità vocali dell'artista e la sua vena r&b e rock.
Babilonia, è il pretesto per recuperare la vecchia chitarra, che l'artista chiama Lucky, usata per comporre molte delle sue canzoni. La canzone fu presentata nella sezione Nuove Proposte di Sanremo 2014 e poi aggiunta nella riedizione del 2014 del disco “E forse sono pazzo”. Si prosegue con Adesso, frutto della collaborazione tra Diodato e il trombettista siciliano Roy Paci, che la proposero in coppia al Festival di Sanremo 2018.
La lascio a voi questa domenica, dall'ultimo album, racconta di una persona che si suicida nella stazione di Cattolica buttandosi sotto al treno su cui stava viaggiando il cantante, pretesto sul finale per far ballare “a comando” qualcuno scelto a caso tra il pubblico.
Diodato introduce il brano successivo, lanciandosi in qualche frase in tarantino. È L'uomo dietro il campione, dedicata a Roberto Baggio, pubblicata su singolo il 14 maggio 2021, colonna sonora del film Il divin codino, che racconta la vita del calciatore. Prima dell'inizio del concerto, tra gli spettatori era stato distribuito un foglio giallo con da una parte il disegno di una pallone da calcio che vola in alto sulla porta e dall'altra la frase “Ma pure quel rigore a me ha insegnato un po' la vita”, realizzato da Il Fanclub di Diodato, attivo sui social. Questa frase è tratta dalla canzone di Diodato e si ricollega al famoso rigore sbagliato dal calciatore toscano durante la finale dei Mondiali di Calcio del 1994. Molti dei presenti, mentre il cantautore interpreta il brano, sventolano questo foglio in un tripudio d'amore per uno dei più grandi calciatori italiani.
Affrontare la fine di un rapporto è un momento molto difficile e richiede tantissimo lavoro, un dolore da superare soprattutto grazie all'infallibile cura del tempo. Ed è di questo che parla con estrema delicatezza il brano Fino a farci scomparire. Il pezzo che segue in scaletta, Quello che mi manca di te, che chiude il suo ultimo album “Che vita meravigliosa” del 2020, è dedicata alla cantautrice Levante, con la quale Diodato ha avuto una relazione.
Gli artisti abbandonano il palco ma i tecnici portano sul palco il pianoforte. È il momento più intimo del concerto, con l'artista che si esibisce solo con la sua bella voce e il suono del piano. La prima canzone è Colpevoli, dal terzo album del 2017, legata alla successiva Cosa siamo diventati, canzone del 2017 che dà anche il nome al terzo disco del cantautore. Si tratta di un pezzo autobiografico che racconta la presa di coscienza di un amore finito (Diodato canta “Guarda cosa siamo diventati”, struggente e pieno di dolore), che qualcuno ha definito come una sorta di seduta di autoanalisi. La vera forza che si nasconde dietro le canzoni di Diodato è nelle parole, tra le quali molti possono identificarsi e farle proprie in base al personale vissuto. La segue la bellissima Se non avessi te, cover di un brano di Lucio Dalla del 1968, eseguita con particolare intensità.
Gli alberi, interpretata inizialmente con pianoforte e voce – la band si è aggiunta subito dopo - riscalda gli animi dei presenti ed è tutto un turbinio di sorrisi, abbracci e manifestazioni di puro amore, con i quali il pubblico ha reagito alle note e alle parole che arrivavano dal palco, un momento indimenticabilmente carico di emozioni.
Arriva immancabile Fai rumore, la canzone della consacrazione definitiva di Diodato. Con questo brano nel 2020 vince il Festival di Sanremo, precedendo in classifica nomi celebri quali Francesco Gabbani, Piero Pelù, Tosca e Irene Grandi. La canzone, sicuramente la più famosa dell'artista, ha raggiunto le 140mila copie vendute in Italia, raccogliendo il doppio disco di platino.
Essere semplice, un inno a seguire il cuore con semplicità, che il cantante ha presentato sui social con parole che non porgono il fianco a nessun dubbio: “Sono stato un pazzo forse, ho seguito il cuore più della testa, ho preferito continuare a correre nel buio assetato di luce. Che ci vuoi fare caro mio, sei complicato, lo eri già da bambino”.
Per Non ti amo più Diodato decide di scendere dal palco e di cantare tra il suo pubblico, mettendo un po' in agitazione la security che lo ha seguito con trepidazione. Microfono alla mano, si è mosso tra le sedie e ha raccolto dai volti emozionati dei suoi fan il giusto tributo per la sua musica ma anche per il suo coraggio. Chiude il concerto Che vita meravigliosa, cantata a squarciagola dal pubblico, traccia che apre il suo ultimo album che prende il titolo dalla canzone. Molti avranno riconosciuto questo brano del 2019, in quanto fa parte della colonna sonora del film La dea fortuna di Ferzan Özpetek, canzone premiata sia con il Nastro d'argento che col David di Donatello.
Nessun dubbio che Diodato arriverà ad occupare un posto di rilievo nella musica italiana d'autore e i tanti premi e riconoscimenti, raccolti in meno di dieci anni di attività ufficiale, ne sono la riprova. Gran concerto, che conclude la due giorni del Locus Festival negli Scavi Archeologici di Egnazia. Bravo Antonio, sarà orgogliosa la tua mamma che ieri era tra gli spettatori ad emozionarsi per quel figlio così bravo e speciale.
(n.g.)
di Redazione
09/08/2021 alle 09:11:09
Leggi anche:
Taglio su misura + piega gloss a soli € 20
Eligio Parrucchieri ti invita a conoscere i suoi prodotti.
Stazione di servizio Q8 Cacucci
Carburanti e servizi
Efficienza e puntualità nei servizi e prodotti offerti alla clientela